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AGLI

AMATORI DELLA STORIA

E DELLA GEOGRAFIA ANTICA

L'AB. ROMANELLI.

Un'

n' opera, che abbia per oggetto l'antica topografia istorica del nostro regno: una carta, che ne presenti ad un colpo d'occhio tutto il prospetto: la prima per servire a giustificar la seconda, e questa a formar l'indice di quella. ecco un bisogno positivo, che si sente da gran tempo, il voto di tutti i nostri letterati da più secoli, ed il migliore servizio, che render si poteva alla storia, alla geografia, alle belle arti, alla fisica, al commercio. A' tempi di Cicerone si sospirava da' Romani una simile interessante impresa, ed Attico sollecitava con molta premura lo stesso sommo oratore a volerla intraprendere ma nella prima risposta egli affermò d'esser opera difficile, e grande: De Geographia dabo operam, ut tibi satisfaciam, sed nihil certi polliceor, quia magnum opus est: nella seconda affacciò molte scuse, e nella terza si smarri pel molto tempo, che richiedeva (1). Cicerone ne conosceva l' incertezza fin da' suoi giorni, e faceva molto caso, ch'Eratostene da lui scelto per modello era stato ripreso da Serapione, e da Ipparco. Questo timore lo fece desistere dall' opera: haec justa causa cessandi est.

(1) Cicer. Ad Attic. lib. II. epist. 4. 6. 7.

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Assumendo io un carico così grave, e pesante sarò forse soggetto alla taccia d'essere stato più ardito di Cicerone? Anzi nò, perchè la situazione di entrambi è assai diversa. In que' tempi non vi era stato altro autore greco, o romano, che avesse composto un trattato completo di Geografia, giacchè le origini italiche di Fabio Pittore, di Catone, di Sempronio e di Fabio Massimo, oggi perdute, non contenevano altro ༡ che un elenco imperfetto di nomi, e le periegesi, ed i peripli di vari autori greci si limitavano a' particolari descrizioni. Cicerone adunque esser doveva il primo a comparire in questo lungo, e dubbioso arringo, come vi comparvero poi Strabone, Mela, Plinio, e Tolommeo. Oggi l'arringo è diverso. Dopo i lumi, che ci lasciarono tanti classici scrittori greci, e latini sulla topografia delle antiche città, e sulla posizione delle loro regioni, e dopo le scoperte fatte da' moderni: Cluverio, Cellario, Ortelio, Briezio, Beretti, ed infiniti altri, la via è già aperta, e quella gran difficoltà è cessata, che scoraggi Cicerone, e lo fece desistere dal

l'ideato lavoro.

Con tutti questi ajuti però non si potrà negare, che grande sia lo stento, e la fatica non lieve nel ritrovare tanti siti di antiche città nel nostro regno, di cui non resta alcuna traccia, nell' assegnare, e definire i precisi confini delle loro regioni, di cui gli antichi ci lasciarono memorie dubbiose, ed incerte, e nello svolgere tante quistioni, nell' interpetrare tanti passi oscuri, e depravati, e nell'adattare la storia alla geografia. I geografi moderni, o perchè stranieri, perchè poco esatti, e diligenti ricercatori della nostra topografia, lungi d' entrare a difficili, e particolari discussioni topografiche, si contentarono solamente di nominar molti luoghi ignoti, e di lasciarli poi pacificamente nel loro sito. Molti esempj se ne troveranno di tratto in tratto in tutto il nostro lavoro, e si vedrà specialmente, come l'Olstenio abbia assai spesso apprestata la mano al dotto Cluverio, per rilevarlo da molti errori, in cui era caduto.

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Ma se gli antichi ci porsero molti lumi, e se si voglia ammettere, che i moderni ci spianarono la straper l'antica topografia del nostro regno, onde pare, che non sia stato tanto difficile, e grave o a seguirli, o a rifiutarli, o a correggerli, questi però non ci diedero affatto una Carta, che potesse appellarsi Carta antica topografica delle nostre regioni. Noi ne siamo stati privi, e quest' impresa oggi è tutta nuova. Si dirà forse, che le carte de' sigg. Sanson, De l'Ile, e d'Anville, la carta del Muratori, e quelle dell' Ortelio, e del Beretti si possano appellare carte antiche del regno di Napoli? Sarebbe un classico errore. Questi autori rivolsero le loro cure nel formare una carta antica generale d'Italia, ed in essa, siccome conveniva, toccarono ancora il nostro regno. Ma siccome l'intento di questi geografi non fu altro, che di marcare solamente i luoghi più cospicui, e noti, e di tralasciare infiniti altri, così la parte che riguarda questo regno, doveva seguire la stessa imperfezione, e risentirsi della medesima mancanza. Anzi la loro inesattezza apparisce più sensibile nella topografia di questo regno, quale pel numero immenso di città, di fiumi, di porti, di monti, di strade militari, e consolari, e di altri luoghi celebri descritti da autori greci, e latini, avea più bisogno di uno studio profondo, e di ricerche diligenti sulle opere loro, nelle quali la sola face della critica doveva dar lume nel leggere i loro passi, nell' interpetrarli, nell'avvertire le mende, che vi lasciarono i copiatori, e nel ridurli alla vera, e sincera lezione.

it

Altre carte appartenenti a questo regno ci furono date dal Cluverio, dal Cellario, dal Briezio, dal Merula, e da qualche altro, e l' Ortelio riportò anche una carta, che si attribuisce a Pirro Ligorio. Noi non vogliamo fare i censori di queste carte: ma ci contentiam solamente di dire, che i luoghi in esse marcati non corrispondono affatto alla topografia, che n' assegnarono o i geografi, o gli storici, o gl' itinerarj antichi. Invano dunque vi si cercano le vere misure, e le distanze, che sono necessarie in geografia, le strade con

solari, i porti, ed i veri siti delle antiche città, e di
altri luoghi (a). Quai lumi adunque può ritrarre la
geografia da queste carte?

Noi così esporremo la nostra topografia antica,
che questa corrisponda esattamente alla carta, della
quale si dà ora il primo pezzo alla luce; di modo che
nulla sarà marcato nella carta, se non sia prima con
classiche testimonianze fissato, e spiegato nell' opera.
Questa scrupolosa esattezza non solo riguarderà i nomi,
e le posizioni topografiche, quanto le loro distanze ri-
tratte o dagli attestati degli autori, o dalle tavole, e
dagl' itinerarj degli antichi. Convien infine confessare
pubblicamente, che il ridurre quest' ultimo lavoro allo
stato di dimostrazione in mezzo le discordanze degli
scrittori, e le diffalte delle tavole itinerarie, ci abbia
costata una fatica incredibile, e lunga, e tediosa me-
ditazione per molti anni.

(a) Noi prendiam per esempio Filippo Cluverio il più giudizioso di tutti
gli altri, e ci fermiamo alla di lui carta del Sannio, e della Campania nel
vol. II pag. 1087. In essa tra Gerione, e Luceria si segnano 13 miglia, in-
vece di 25 assegnati da Polibio: tra Aufidena, ed Isernia miglia 14 invece di
nove antiche, secondo la tavola del Peutingero: da Isernia a Boviano miglia
22 invece di 18, giusta l'itinerario di Antonino: da Boviano al fiume Tamaro mi-
glia 12 invece di 16, secondo lo stesso itinerario: da Alife a Sepino miglia 24
invece di 18: da Sepino a Benevento miglia 13, invece di 24 antiche. Sarebbe
lungo numerarli tutti. Con questi errori di distanze geografiche sono asperse
tutte le carte del Cluverio, da non potersene fare alcun uso. Nulla diremo
di tanti oppidi traslocati, o preteriti, o confusi in regioni aliene.

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