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DI

TORQUATO

TASSO

COLLE CONTROVERSIE

SULLA

GERUSALEMME

POSTE IN MIGLIORE ORDINE, RICORRETTE
SULL' EDIZIONE FIORENTINA, ED ILLU
STRATE DAL PROFESSORE GIO. ROSINI.

VOLUME VIII.

PISA

PRESSO NICCOLÒ CAPURRO

MDCCCXXII.

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DIALOGHI

DI

TORQUATO

TASSO

CON GLI ARGOMENTI

DAL CAVALIERE

ALESSANDRO MORTARA

TOMO II.

PISA

PRESSO NICCOLO CAPURRO

MDCCCX XII.

OVVERO

DELLA PIETÀ

DIALOGO

ARGOMENTO

Finge l'Autore che a' Bagni di Lucca, luogo quanto alcun aitro

delizioso e piacevole, seguisse un giorno un colloquio fra il Signor A. N. che colà trovavasi col Marchese Filippo d'Este, e due Gentiluomini Lucchesi di molto sapere, l'uno chiamato P. Guidiccione e l'altro F. Micheli; e che un certo F. Lampugnano, stato a quello presente, a lui così lo venga narrando, quale dalla bocca di que' medesimi l'aveva udito. Sono perciò qui introdotti a ragionare fra loro i tre Cavalieri sopraccennati: ed è la Pietà, o Compassione che dir si voglia, il soggetto di cotal dialogo. Cercasi in esso primamente se la compassione sia un affetto simile all'ira, allo sdegno ed alla paura, e si afferma che quanto all'oggetto loro, il quale può esser egualmente in noi, che fuori di noi, sono assai simili. Si vien quindi considerando il modo, onde l'uomo ha com passione di sé stesso, e si mostra che essendo egli un composto di molte parti e di molte potenze diverse, siccome avviene che l'una si adiri contro all' altra, si sdegni ec., così avvien pure che l'una abbia dell' altra compassione. Parlasi appresso della compassione convenevole e disconvenevole, che è quanto dire giusta ed ingiusta, e si fa conoscere che la prima può esser giusta o per sè stessa, o per partecipazione. Se è giusta per sè medesima, si stabilisce che debbasi chiamare col nome di pietà: e con quello poi di compassione o misericordia, ove non sia giusta che per partecipazione. Toccasi finalmente alcune cose del trasformarsi che fa l'amante nella persona amata, e si conchiude ch'egli non potrà mai ottenere da essa tutta quella pietà, che per lui si desidera, se in lei perfettamente e coll'intelletto e colla volontà non si trasforma.

Questo breve, ma elegantissimo Dialogo, che il Manso intitola da' Bagni di Lucca, nella prima impressione che ne fece in Vene zia il Vasalini nel 1586, è detto il N. dal casato di quel A. N. che v' interviene a discorrere. Circa il tempo in che fù scritto, nulla possiamo di positivo asserire: Tuttavolta dalle circostanze e dalle persone, delle quali si fa in esso parola, siamo per poco indotti a credere che fosse dal Tasso composto nel 1578 mentre stavasi in Torino presso il Marchese Filippo d'Este, in Corte del quale vivevano fors' anche e il Lampugnano e il detto A. N.

Dialoghi T. II.

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